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Rassegna stampa 2005
MEDICINA - I BENEFICI DI UNA PIANTA CON UNA CATTIVA REPUTAZIONE
Cuore di cannabis

di Luca Sciortino

4/5/2005


Secondo gli ultimi studi, uno dei principi attivi protegge le arterie, evitando il rischio di infarto. Per ora nei topi.



Cannabis: inevitabile pensare alla marijuana e all'hascisc. Insomma, alla droga e ai suoi effetti deleteri.
Invece ci sarebbero buone ragioni per pensare altrimenti. La scienza sta valutando anche i benefici di questa pianta, che sono da attribuire sia alla sua forma naturale sia ai suoi principi attivi, i cannabinoidi. E ora si scopre che i composti ottenuti dalla cannabis possono essere utilizzati per combattere l'aterosclerosi, una malattia infiammatoria che nei paesi occidentali è la principale causa di infarto.

Ricercatori svizzeri dell'University Hospital di Ginevra hanno scoperto che la somministrazione in topi affetti da aterosclerosi di uno dei principi attivi della cannabis, il delta-9-tetraidrocannabinolo (Thc), si traduce in una significativa diminuzione dell'infiammazione cronica tipica della malattia. E gli scienziati suggeriscono anche una spiegazione. L'aterosclerosi, caratterizzata dalla formazione di depositi di grasso nelle arterie, provoca una risposta immunitaria che richiama nelle arterie i macrofagi, cellule del sistema immunitario.

Queste accorrono infatti dove ci sono piccoli danni ai vasi sanguigni, causati per esempio dalla nicotina delle sigarette, e producono molecole, le interleuchine e le citochine, in grado di richiamare altri macrofagi. L'effetto è di provocare un'infiammazione cronica che finisce per intrappolare molecole di grasso, intasando le arterie con placche aterosclerotiche.

Secondo lo studio, il Thc si legherebbe a particolari recettori (Cb2) presenti nella membrana cellulare dei macrofagi. Così facendo riesce a bloccare la produzione di citochine e interleuchine e a diminuire la presenza delle cellule del sistema immunitario.

A questo punto, però, una domanda sorge spontanea: il principio attivo della cannabis, somministrata allo scopo di combattere l'aterosclerosi, non avrebbe anche l'effetto di una droga? Vincenzo di Marzo, ricercatore all'Istituto di chimica biomolecolare del Cnr, spiega: «I recettori cui si lega il Thc sono in realtà due, la proteina Cb2 e la proteina Cb1, e quest'ultima si trova anche nelle cellule del sistema nervoso e del cervello. L'effetto stupefacente si deve al legame del Thc solo con la proteina Cb1».
Mentre somministrando ai topi un composto che impedisce il legame del Thc con la Cb2 cessava l'effetto terapeutico. «Questo vuol dire che il processo coinvolge, alle dosi specifiche dell'esperimento (a dosi molto basse o molto alte l'effetto non c'era), soltanto i recettori Cb2».

Se negli esseri umani si ottenessero gli stessi benefici, i composti sintetici simili al Thc, in grado di attivare il recettore Cb2, potrebbero essere usati insieme ai farmaci che combattono l'aterosclerosi, controllando i livelli di colesterolo nel sangue.
E la prevenzione degli attacchi di cuore potrebbe annoverarsi tra le molte altre potenzialità della cannabis.
Quali? Per esempio, il Thc ha dimostrato di avere un effetto broncodilatatorio che potrebbe essere efficace per la cura dell'asma. Anche se dovrebbe essere somministrato come aerosol (non ancora disponibile), perché in fumo può irritare i bronchi.

Non solo, potrebbe anche ridurre l'aumento della pressione intraoculare che caratterizza il glaucoma e avere effetti anticonvulsivi. Benefici che si aggiungerebbero alla capacità di modulare il dolore e di stimolare l'appetito nei pazienti affetti da aids. Troppo per parlare sempre male della cannabis.

 

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