Gli anticonvulsivi al naturale di ROBERTO SUOZZI
La Gastrodia elata è una pianta singolare, un’orchidea che per la sua sopravvivenza deve chiedere aiuto, e associarsi, a due funghi: l’Armillaria mellea e la Mycena asmundicola. Il primo, incorporato nel suo tubero, svolge la funzione di mantenere maturazione e crescita della Gastrodia elata, il secondo permette ai suoi semi di germogliare. La gastrodia è una pianta ben conosciuta nell’antica Cina, ove fu classificata come un’erba superiore, il che vuol dire (per semplificare) che, se presa per un lungo periodo, protegge la salute e prolunga la vita. Come ogni pianta «superiore» la gastrodia viene considerata una sorta di panacea e utilizzata nella cura della cefalea, per il miglioramento e l’efficienza della circolazione sanguigna. Quello che ci interessa, però, in particolare, è la possibilità di adoperare il tubero della gastrodia come antiepilettico e anticonvulsivante. La questione è complessa (ma promette bene); occorre tener conto, infatti, non solo della gastrodia e dei suoi componenti chimici, ma anche di quelli dei «funghi ospitati», della Armamillaria (chiamata anche armamillariella) in particolare, fonte primaria dei costituenti attivi. Resta come punto fermo che tra i principi attivi della gastrodia elata, oltre alla gastrodina, sono presenti betasitosterolo, daucosterolo, acido citrico; contiene però anche vanillina (contenuta anche nei frutti di un’altra orchidea, Vanilla planifolia) che ha dimostrato di avere effetto anticonvulsivante. La gastrodia (il tubero), che viene adoperata nella medicina tradizionale in decotto, è stata anche studiata per valutarne l’effetto anticonvulsivo, in associazione con un’altra pianta: l’Uncaria rhynchophylla. In uno di questi studi, l’uncaria ha dimostrato di avere sia attività antiradicali liberi, sia anticonvulsivante; azione quest’ultima molto più potente in associazione con la Gastrodia elata, con un meccanismo d’interazione che, almeno per ora, risulta sconosciuto. La ricerca sull’attività anticonvulsivante, antiepilettica delle piante medicinali non è nuova, ma recentemente ha trovato un nuovo impulso, tenendo anche presente che la terapia farmacologica dell’epilessia (sarebbe più corretto parlare di epilessie) rimane di tipo sintomatico e che la cura va «personalizzata». Delphinium denudatum è un’altra pianta, appartenente alla famiglia delle Ranuncolacee, che in studi sperimentali ha dimostrato una potente azione anticonvulsivante comparabile, nell’effetto, a quella della fenitoina: un importante farmaco antiepilettico, molto efficace nella maggioranza delle epilessie (ad eccezione del piccolo male), ma che dà notevoli problemi di tossicità. Stesso discorso vale per l’estratto etanolico delle foglie della Annona diversifolia, che contiene una sostanza, il palmitone, a fortissima azione anticonvulsivante (dimostrata sperimentalmente) più elevata dell’etosuccimide, dell’acido valproico e della carbamazepina: farmaci adoperati come antiepilettici. Un’annotazione, infine, sul cannabidolo (non psicoattivo), una delle sostanze della Cannabis indica, che potrebbe essere utilizzata contro le crisi epilettiche. La possibilità del suo impiego terapeutico, e dei cannabinoidi presenti nella pianta, andrebbe valutata e studiata meglio, anche sulla base di lavori preclinici già effettuati su alcuni tipi di epilessia; piccole esperienze condotte su persone, inoltre, hanno evidenziato una riduzione delle crisi convulsive. E’ un ottimo «lancio» per condurre esperienze anche in questo senso, come già si fa in altri paesi europei ed extraeuropei. |
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