Rassegna stampa 2002 |
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13 marzo 2002
Il giudice: marijuana per combattere il
dolore
Prima sentenza in Italia per una malata di
tumore. In Olanda e Canada è venduta in
farmacia
MILANO - Malata di tumore al polmone, è stata autorizzata
dal giudice ad assumere temporaneamente farmaci a base di
cannabis sativa (nome scientifico della
marijuana) per alleviare dolori che neppure la morfina riesce
più a controllare. Con un provvedimento d'urgenza, il
magistrato veneziano Barbara Bortot ha ordinato all'Asl di San
Donà di Piave, in provincia di Venezia, dove risiede la donna,
di procurarsi all'estero i medicinali per poi passarli
gratuitamente alla paziente, quasi fossero comuni farmaci
inseriti nella fascia A del prontuario. E' la prima volta che
accade in Italia: mai il Servizio sanitario era stato
obbligato a «passare» prodotti che il nostro Paese non solo
non commercializza, ma che considera pure illegali. L'uso di
marijuana per scopi terapeutici è ammesso infatti in Olanda e
Canada, dove è venduta in farmacia, Gran Bretagna, Spagna,
Australia e in alcuni Stati americani. In Italia invece non
esistono cannabinoidi registrati, né fonti legali di
approvvigionamento per finalità di sperimentazione medica (che
infatti, nonostante alcuni tentativi, non è mai stata
avviata): chi decide di curarsi con la marijuana non ha altre
possibilità che rifornirsi al mercato nero, coltivarsela in
proprio (rischiando l'arresto), o rivolgersi alla
magistratura.
MOTIVAZIONI - Il giudice veneziano ha
motivato il suo provvedimento con le gravi condizioni in cui
versa la signora, per la quale «il ricorso massiccio alle
sostanze analgesiche consentite nel nostro Paese - ha scritto
il magistrato - è del tutto inutile e ancor dannoso». Unica
alternativa, ha riconosciuto dunque il giudice, «è la
somministrazione di sostanze a base di cannabis, in uso in
molti Stati stranieri, che, a dire degli specialisti, potrebbe
migliorare la qualità della sua vita», attenuando le
sofferenze quotidiane. Non è ancora chiaro quale sarà la
durata del provvedimento. «La strada comunque è aperta»,
commenta Salvatore Grasso, cardiologo di Palermo. E'
presidente dell'Associazione per la cannabis terapeutica, che
un paio di settimane fa ha presentato una bozza di proposta di
legge per agevolare l'utilizzo di farmaci contenenti derivati
naturali e sintetici della marijuana (hanno già aderito una
decina di parlamentari, da Forza Italia a Rifondazione).
Secondo Grasso, la decisione della signora veneta di ricorrere
al giudice potrà innescare molti «fenomeni di imitazione».
Prova a quantificare: sono 50.000 i malati di sclerosi
multipla «e moltissimi potrebbero tentare l'alternativa della
cannabis, efficace contro la spasticità». Sono 150 mila gli
epilettici che non riescono a eradicare le crisi, «mentre la
cannabis consente un buon controllo». Ma è come antidoto alla
nausea indotta dalla chemioterapia che la marijuana potrebbe
dare i risultati migliori: «I cannabinoidi si sono dimostrati
più efficaci delle terapie tradizionali», garantisce il
medico.
IN OLANDA - Il Bureau voor
medicinale cannabis, ufficio istituito dal
ministero olandese della Sanità, è disponibile a soddisfare
richieste di farmaci a base di marijuana provenienti
dall'Italia. Quindi saranno olandesi gli estratti naturali di
cannabis che il giudice ha «ordinato» per la signora veneta.
L'Asl di San Donà ha 30 giorni di tempo per farseli mandare,
ma l'avvocato Giancarlo Tonetto, legale della donna, è
ottimista: «Speriamo di poterli avere già dalla prossima
settimana». Sulla carta esiste però un'altra strada per
ottenere questi farmaci, non passa dal giudice, ma dal
ministero della Salute, a cui spetta il compito di
autorizzarne l'acquisto all'estero. «Utopie: per questa via
non si è mai riusciti a ottenere niente - si scalda Grasso -.
Adesso ci riproviamo: un medico dell'Umberto I di Roma si è
rivolto al ministero per un paziente epilettico. Speriamo che
Venezia ci spiani la strada».
dmonti@corriere.it
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