6 AGOSTO 2001
Marijuana terapeutica si prova anche in Italia
Cure "clandestine", una lobby per legalizzarne l'uso
MARIA NOVELLA DE LUCA
ROMA - E' un movimento di medici e pazienti. Un gruppo di pressione che
silenziosamente cresce, raccogliendo testimonianze, "diari clinici",
storie di autocura, pubblicazioni, libri, saggi, creando gruppi di ricerca
negli ospedali e negli istituti universitari. Non ha forse, ancora, la
forza di una lobby o di un partito, ma di certo la corrente trasversale
che chiede la sperimentazione dell'uso terapeutico della cannabis, è
diventata negli ultimi mesi qualcosa di forte e concreto. Ed è bastato che
sui giornali e su Internet apparisse la notizia di una settimana fa, e
cioè che il Canada ha autorizzato la coltivazione statale di piantagioni
di marijuana da destinare a malati di cancro, epilessia, Aids e sclerosi
multipla, che sul sito www.medicalcannabis.it si moltiplicassero gli
accessi e le voci di pazienti alla ricerca di informazioni, indirizzi.
Racconti spesso corredati da rudimentali "cartelle cliniche" nelle quali
malatisperimentatori registrano da anni gli effetti della cannabis sulle
loro patologie. Storie forti, di affezioni croniche, quelle in cui i
dolori sono croce di ogni giorno, di gente di ogni età, anche anziani
magari, giunti alla cannabis perché informati da figli o nipoti della sua
forza analgesica, ma che in vita loro uno spinello non lo avevano mai
visto né fumato. Dove si scopre che diversi malati, pur di sfuggire alla
morsa dei pusher e al rischio di sostanze non pure, la marijuana se la
coltivano (clandestinamente) per riuscire a curarsi, e spesso più che
fumarla la mangiano, così come prescrivono i medici canadesi.
«Il
successo del sito ha stupito anche noi - spiega Angelo Averni, avvocato,
uno dei fondatori della ACT, Associazione per la Cannabis Terapeutica,
fondata da un network di medici, malati, studiosi - perché dimostra quanto
nonostante l'assenza di qualunque impegno sanitario e politico la
marijuana curativa sia già una realtà nel nostro paese. E' come una
corrente che si muove sotto la sabbia, priva ormai di ideologismi e
infatti il vero interesse arriva oggi proprio dal mondo scientifico». Il
dibattito, ormai annoso, sulla legalizzazione delle droghe leggere, è da
tempo arenato in una secca dal quale sembra difficile ritirarlo fuori. (Un
testo di legge sull'uso terapeutico dell'erba era stato presentato nella
scorsa legislatura dal senatore Manconi). Eppure, continua Averni, «ci
sono almeno due passi che agilmente su potrebbero fare, mirando
semplicemente al vantaggio dei malati. Il primo è rendere possibile in
Italia, modificando come è stato già fatto per la morfina, quella
leggecapestro che regola la somministrazione di medicinali a base di
stupefacenti, la prescrizione di alcuni farmaci presenti in commercio a
base di cannabis». Il secondo passo è permettere «una sperimentazione,
come sta avvenendo in molti paesi europei e statunitensi, sull'uso della
terapeutico della cannabis». Per l'epilessia ad esempio, o la sclerosi
multipla, nelle quali, così emerge dalle testimonianze e dalle ricerche in
corso (prima fra tutte la sperimentazione autorizzata dal governo inglese
e giunta ormai alla fase finale) la cannabis avrebbe «forti effetti
calmanti sugli spasmi muscolari e sulle convulsioni». Nunzio Santalucia,
che lavora al Sert di Pisa, è uno di quei medici che ha raccolto e
certificato una serie di casi di autocura con la marijuana in un «libro
bianco sull'uso terapeutico della cannabis. «La sostanza agisce molto bene
sui malati in chemioterapia perché stimola l'appetito e riduce il vomito e
la nausea. Ci sono decine di pazienti epilettici che assumendo un po' di
erba al giorno sono riusciti a fare a meno dei barbiturici. Riduce in modo
significativo gli spasmi e i dolori in patologie irreversibili come la
sclerosi multipla ma anche l'artrite...». E infatti, se il ministero della
Sanità darà il via libera, una sperimentazione a base di cannabis dovrebbe
partire nei prossimi mesi nel reparto di reumatologia dell'ospedale di
Arenzano.
Conclude Salvatore Grasso, medico e presidente
dell'associazione: «Puntiamo a mobilitare il mondo scientifico superando
le secche ideologiche. Con piacere ho visto che anche l'associazione per
la sclerosi multipla si occupa. Di recente un gruppo di consiglieri della
Regione Lombardia ha sottoscritto una mozione in questo senso, e il 22
settembre ci presenteremo con le nostre richieste al ministro della Sanità
Sirchia. Siamo ancora all'avanguardia, ma la voce dei malati è forte. E
sarà difficile continuare ad ignorarla». |