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Esperienze personali: sclerosi multipla
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Testimonianza di Maria M.

Maria M. ha 37 anni, vive a Napoli.

Nell'ottobre del 1995, in seguito alla comparsa di disturbi dell'equilibrio, si sottopone a controlli presso l'ospedale S. Eugenio di Roma ove viene fatta diagnosi di sclerosi multipla.

Le viene consigliata una terapia a base di cortisone, che la paziente è riluttante ad accettare a causa di precedenti esperienze di somministrazione del farmaco caratterizzate da un eccesso di effetti collaterali. Tuttavia, consultato il proprio Medico curante, la paziente si decide a fare un tentativo.

Il caso di Maria M. fa parte del Libro Bianco sugli usi terapeutici della Cannabis presentato al ministro Veronesi nel novembre 2000.

Una settimana dopo torna a Roma, e le viene somministrato, in regime di day-hospital, una dose di 4 grammi in 6 giorni (1/2 grammo nei primi due giorni, poi 1 grammo per i successivi due, poi ancora 1/2 grammo per due giorni).

La risposta alla terapia praticata non è purtroppo delle migliori.
Racconta la paziente: "Già prima della fine della settimana ho avuto un notevole peggioramento nel camminare, incubi, disturbi nella sensibilità al caldo e al freddo e terribili brividi di freddo. Mi viene detto che è tutto normale. Obietto che la sera prima di andare in ospedale ero andata a ballare con degli amici e non avevo alcun problema motorio! Torno a casa e comincio a stare sempre peggio: ai problemi motori si aggiungono problemi di digestione, aumentano i brividi e i disturbi della sensibilità, agli incubi si aggiungono episodi di sonnambulismo e vedo ad occhi aperti cose che non ci sono, in più la mia vista perfetta (ho undici decimi ancora oggi) dà i numeri. Insomma, un disastro!. E va avanti così fino ai primi di febbraio del '96. In più comincio a convincermi di essere matta perché il medico continua a dirmi che esagero e sono io che mi sto sognando queste cose. "

A febbraio del '96 la paziente si sottopone ad un nuovo controllo presso l'ospedale S.Eugenio. Constatato l'insuccesso, la terapia con cortisone viene sospesa.
"Finalmente mi prendono sul serio ! " - racconta la paziente - "Ma alla mia domanda 'Quando starò meglio?' il medico risponde, invero un po' brutalmente, 'Perché non lo sa che di sclerosi multipla non si guarisce?'. Bel modo di venirlo a sapere! "

Durante l'estate del '96 la paziente registra un discreto miglioramento: "Sto meglio, vado per un po' al mare da sola, mi sento quasi 'io'. "

Alla metà di agosto subentra una paresi del nervo faciale destro.
La paziente consulta il Medico curante che la tranquillizza e le prescrive una terapia a base di antiinfiammatori non-steroidei (naproxene 500 mg).

La terapia non sortisce grossi effetti per cui alla nel settembre '96 la paziente si sottopone ad un ulteriore controllo a Roma, comprensivo di risonanza magnetica, a conclusione del quale viene proposto un ciclo di terapia con Interferon-beta. Informata sui possibili effetti collaterali e memore degli effetti disastrosi della terapia con cortisone, la paziente rifiuta di sottoporsi al trattamento.

Nel novembre del '96 consulta un Neurologo dell'ospedale San Raffaele di Milano, il quale suggerisce un trattamento con il Copolimero-I (Cop-I) e indirizza la paziente presso un collega del II Policlinico di Napoli ove è in corso una sperimentazione del farmaco.
Il 2 gennaio 1997 la paziente inizia il trattamento con il Cop-I e sembra che vada tutto bene: non si presentano effetti collaterali, la sintomatologia regredisce quasi completamente, la paziente trascorre due anni quasi del tutto libera da sintomi.

A partire dall'aprile del '99 la paziente inizia tuttavia a lamentare facile affaticabilità e comparsa di crampi, tremori e irrigidimenti agli arti inferiori. "Sono sempre più stanca, comincio a camminare col bastone. Continuo col Cop-I ancora per un anno (sino all'estate 2000) ma i controlli non sono mai soddisfacenti e cominciano a dirmi che devo abituarmi all'idea che la malattia ha cambiato forma ed è diventata una forma secondaria progressiva. E che non c'è niente da fare, anche il copolimero serve a pochissimo, se non a niente."

Nel tentativo di contrastare la spasticità muscolare agli arti inferiori che va progressivamente peggiorando le vengono prescritti farmaci miorilassanti convenzionali (piridinolo, baclofene) ma senza risultati e anzi con fastidiosi effetti collaterali.

La paziente viene a questo punto a sapere che in Inghilterra sono in corso studi clinici che prevedono l'utilizzo di derivati della cannabis per il trattamento della spasticità muscolare nei pazienti con sclerosi multipla.

E' a questo punto che la paziente ci contatta chiedendoci informazioni al riguardo.

Le spieghiamo che la efficacia dei derivati della cannabis nel trattamento della spasticità è suffragata, oltreché da numerose evidenze aneddotiche, anche da alcuni studi di piccole dimensioni (v. voci bibliografiche 19-23 dell'appendice 2), nonché da alcune recenti evidenze sperimentali (v. voce bibliografica 37 dell'appendice 2).

Chiariamo che la sua non felice esperienza con i farmaci tradizionali è condivisa, purtroppo, da molti pazienti affetti da sclerosi multipla: i farmaci attualmente disponibili sono infatti ben lontani dall'avere raggiunto accettabili livelli di efficacia e tollerabilità. Lo stesso Interferone, su cui molto si è investito, ha dimostrato grossi limiti: al di la dei frequenti e, talora non trascurabili, effetti collaterali, sembra infatti che molti pazienti, dopo una fase di iniziali benefici, diventino resistenti al farmaco.

Riteniamo che al suo caso si possa applicare la raccomandazione del Dr. Vaney, chairman della sessione sui cannabinoidi della Conferenza Internazionale sulla Sclerosi Multipla tenutasi a Basilea nel settembre '99, che in quella consesso invitava a "considerare la cannabis come una efficace alternativa per i pazienti che non rispondono alle terapie convenzionali".

Pertanto, considerato che in Italia non esistono a tutt'oggi cannabinoidi registrati nel prontuario farmaceutico italiano, né sembra che alcuno abbia intenzione di promuovere studi clinici controllati in merito, e considerata la indisponibilità, assolutamente condivisibile, della paziente a ricorrere al mercato nero, ci limitiamo a fornirle i recapiti di alcune Istituzioni di ricerca inglesi (Royal Pharmaceutical Society e GW Pharmaceuticals) presso le quali sappiamo essere in corso studi clinici controllati al riguardo.

La paziente è persuasa a procedere per questa via, ma poco dopo il nostro colloquio la sintomatologia spastica agli arti inferiori si aggrava ulteriormente, divenendo seriamente invalidante: "Alla fine sono dovuta venire a patti con il terribile spettro della sedia a rotelle, che sono costretta ad utilizzare saltuariamente in casa, sempre per uscire. Se ho ben capito a questo punto medici e medicine non possono aiutarmi molto (se ho una dote è quella di essere realista). Vorrei solo qualcosa per i crampi e per i dolori che non mi faccia vomitare l'anima, se poi dovessi scoprire che anche la cannabis non è efficace, per lo meno, saprei di averci provato."

"Mi auguro sinceramente che l'atteggiamento della Sanità italiana progredisca verso una maggiore considerazione e comprensione per malati, come me, in una situazione oggettivamente senza uscita. E, mi creda, lo dice una persona che non avendo mai fumato neanche uno spinello non saprebbe proprio come fare se decidesse di rivolgersi al mercato nero."

Per quanto ci si sforzi, alla luce delle evidenze a tutt'oggi disponibili, non riusciamo a trovare è un solo motivo valido per cui alla paziente debba essere negata la possibilità di un tentativo con i derivati della cannabis.

E' risaputo infatti che i cannabinoidi hanno una bassissima tossicità e questo rende ancora più incomprensibile il rifiuto pregiudiziale nei confronti di un gruppo di sostanze che, se utilizzate in un contesto di appropriato controllo medico, potrebbero rivelarsi estremamente utili.

Pertanto nel ribadire la opportunità di prescrivere alla paziente Maria M. un tentativo terapeutico con i derivati della cannabis, inoltro alle autorità sanitarie competenti l'appello della paziente perché vengano tempestivamente individuate opportune modalità legali per la soddisfazione di tale prescrizione.

Dott. Salvatore Grasso


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