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Usi terapeutici della Cannabis - Esperienze personali
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"Così ho vinto l'epilessia"
ALESSANDRA V.

Ho quasi 30 anni, sono laureata in psicologia e vorrei poter fare la coltivatrice. Di che cosa? Di cereali, verdure, legumi e cannabis. Le prime tre come nutrimento e l'ultima come medicina: mi ha permesso di risolvere un serio problema di salute. Circa nove anni fa ho scoperto questa meravigliosa pianta e il suo potere curativo. L'incontro con essa (peraltro del tutto casuale) lo devo ad un compagno di università che con altri amici mi offrì di fumare dell'erba raccolta nell'Orto Botanico di Torino. Proprio qualche settimana prima avevo preso la decisione di sospendere definitivamente l'assunzione di Gardenale (un barbiturico) che, ahimè, accompagnava la mia esistenza da 12 anni per un problema di epilessia. Avevo deciso di rischiare di avere delle crisi piuttosto che subire gli effetti collaterali che il farmaco mi causava. Circa un mese dopo l'episodio ebbi l'ultima crisi. Passarono poco più di 20 giorni ed ecco che mi si ripresenta l'occasione di fumare: nel paese di villeggiatura dove mi ero ritirata per studiare scoprii che quasi tutti i giovani fumavano hashish. Quella sostanza sconosciuta non mi creò nessun problema, anzi mi faceva stare bene, senza distorgliermi dai miei impegni. Non ne acquistai neanche un grammo, ma fumai tutti i giorni. Una volta tornata a Torino mi resi conto, con sorpresa, che anche nell'ambiente universitario era una pratica diffusa e ciò mi permise di continuare a fumare pressoché quotidianamente. Qualche mese dopo eccomi apparire davanti agli occhi un libricino di Giancarlo Arnao (Cannabis: uso e abuso, ed. Stampa alternativa) che mi illuminò sugli usi terapeutici e non della cannabis. Si parlava di epilessia, di barbiturici, di alcol, molte cose mi furono chiare, ma volli approfondire sia con la lettura di altri testi sia con medici e/o altri malati. Altri libri ne trovai, ma persone con cui confrontarmi nessuna: i tempi non erano maturi.

Il mio primo anno di università si concluse con 7 esami sostenuti ed un netto miglioramento delle mie condizioni psicofisiche. I disturbi dovuti all'assunzione di Gardenale si manifestavano sia a livello fisico (cefalee fulminanti ogni due giorni, disturbi intestinali, compromissione del ritmo sonno-veglia, anemia, osteomalacia, attività del fegato e dei reni, etc...) sia a livello psicologico (la malattia era tenuta nascosta come una vergogna) e comportamentale (attacchi di ira e aggressività nei miei e negli altrui confronti, tolleranza estrema al dolore, assoluta inavvertenza dei pericoli per il mio corpo nonché profondi stati di apatia e depressione). Già dalla prima volta che lessi il foglietto illustrativo del Gardenale (1985) espressi la volontà di sospenderne l'assunzione, anzi lo feci di nascosto contro il parere medico. Ebbi una crisi, ma non mi rassegnai: abbassai la dose a 100 mg e feci i miei esperimenti. Mi resi conto che le crisi insorgevano esclusivamente durante il sonno e in coincidenza con il ciclo mestruale. Sperimentai quindi l'assunzione di Gardenale solo pochi giorni al mese con eccellenti risultati (la media delle crisi non cambiò), fino alla decisione di smettere definitivamente.

In questi ultimi nove anni non sono mai tornata indietro, ma soprattutto non ho mai più avuto crisi, pochissime cefalee, il mio livello di aggressività è decisamente calato, e la mia parte creativa ha potuto emergere. Prima di un esame, di una partita a pallone (sono un discreto portiere) o di un qualsiasi evento importante riesco a ridurre l'ansia da prestazione e a dare il meglio se fumo. Riesco a dormire e a svegliarmi senza problemi (prima facevo fatica ad addormentarmi e soprattutto a svegliarmi autonomamente), ho imparato a prendermi cura di me stessa e a gestire il tono dell'umore.

Forse l'unico problema che mi si è posto in questi anni è il reperimento della sostanza. Ho avuto la fortuna di frequentare sempre o quasi persone che fumavano ludicamente e che mi hanno permesso di non dover investire dei capitali per accedere alla mia "terapia". I prezzi al mercato nero sono proibitivi per uno studente e la qualità è tutta da verificare. L'autocoltivazione è punita penalmente come lo spaccio e quindi altrettanto rischiosa, ma la ritengo il modo più coraggioso ed educativo per riappropriarsi di una pianta che qualcuno ha deciso che doveva sparire dalla faccia della terra, e che adesso potrebbe essere rivalutata per un proficuo business e fatta diventare oggetto di brevetti e monopoli come molte altre piante e spezie con poteri curativi, senza dimenticarne il potenziale industriale e alimentare.

Ci sono moltissime altre persone che già beneficiano della cannabis e ancora di più che potrebbero trovare miglioramento utilizzandola terapeuticamente. Tutti coloro che quest'anno pianteranno anche un solo seme (per poi consegnarlo il 5 maggio) contribuiranno alla liberazione di questa pianta. La mia speranza è che si arrivi al più presto ad una soluzione e sono disposta a rischiare ancora perché non posso che essere grata a questa pianta e alle sue proprietà.

Negli ultimi mesi ho scoperto di non essere sola, di poter raccontare la mia storia senza sconvolgere nessuno, ma ricevendo solidarietà e comprensione da persone sconosciute o a cui avevo sempre nascosto che fumavo e dando ad altri "malati" la speranza di potersi curare con una sostanza del tutto naturale e priva dei molteplici effetti collaterali distruttivi che la maggior parte dei farmaci moderni possiede. Questi sono alcuni dei motivi per cui mi sono autodenunciata, ringrazio tutti coloro che sosterranno questa campagna e tutti i coltivatori consapevoli sparsi per il mondo. Un grazie particolare ai miei genitori che solo da un paio di mesi sono venuti a conoscenza della realtà, hanno accettato la mia "medicina" e non mi hanno in nessun modo osteggiato, anzi si stanno interessando ad una pianta che sicuramente i loro genitori conoscevano molto bene.


 
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