Ho quasi 30 anni, sono laureata in psicologia e vorrei
poter fare la coltivatrice. Di che cosa? Di cereali, verdure,
legumi e cannabis. Le prime tre come nutrimento e l'ultima come
medicina: mi ha permesso di risolvere un serio problema di
salute. Circa nove anni fa ho scoperto questa meravigliosa pianta
e il suo potere curativo. L'incontro con essa (peraltro del tutto
casuale) lo devo ad un compagno di università che con altri amici
mi offrì di fumare dell'erba raccolta nell'Orto Botanico di
Torino. Proprio qualche settimana prima avevo preso la decisione
di sospendere definitivamente l'assunzione di Gardenale (un
barbiturico) che, ahimè, accompagnava la mia esistenza da 12 anni
per un problema di epilessia. Avevo deciso di rischiare di avere
delle crisi piuttosto che subire gli effetti collaterali che il
farmaco mi causava. Circa un mese dopo l'episodio ebbi l'ultima
crisi. Passarono poco più di 20 giorni ed ecco che mi si
ripresenta l'occasione di fumare: nel paese di villeggiatura dove
mi ero ritirata per studiare scoprii che quasi tutti i giovani
fumavano hashish. Quella sostanza sconosciuta non mi creò nessun
problema, anzi mi faceva stare bene, senza distorgliermi dai miei
impegni. Non ne acquistai neanche un grammo, ma fumai tutti i
giorni. Una volta tornata a Torino mi resi conto, con sorpresa,
che anche nell'ambiente universitario era una pratica diffusa e
ciò mi permise di continuare a fumare pressoché quotidianamente.
Qualche mese dopo eccomi apparire davanti agli occhi un libricino
di Giancarlo Arnao (Cannabis: uso e abuso, ed. Stampa
alternativa) che mi illuminò sugli usi terapeutici e non
della cannabis. Si parlava di epilessia, di barbiturici, di
alcol, molte cose mi furono chiare, ma volli approfondire sia con
la lettura di altri testi sia con medici e/o altri malati. Altri
libri ne trovai, ma persone con cui confrontarmi nessuna: i tempi
non erano maturi.
Il mio primo anno di università si concluse con 7 esami sostenuti
ed un netto miglioramento delle mie condizioni psicofisiche. I
disturbi dovuti all'assunzione di Gardenale si manifestavano sia
a livello fisico (cefalee fulminanti ogni due giorni, disturbi
intestinali, compromissione del ritmo sonno-veglia, anemia,
osteomalacia, attività del fegato e dei reni, etc...) sia a
livello psicologico (la malattia era tenuta nascosta come una
vergogna) e comportamentale (attacchi di ira e aggressività nei
miei e negli altrui confronti, tolleranza estrema al dolore,
assoluta inavvertenza dei pericoli per il mio corpo nonché
profondi stati di apatia e depressione). Già dalla prima volta
che lessi il foglietto illustrativo del Gardenale (1985) espressi
la volontà di sospenderne l'assunzione, anzi lo feci di nascosto
contro il parere medico. Ebbi una crisi, ma non mi rassegnai:
abbassai la dose a 100 mg e feci i miei esperimenti. Mi resi
conto che le crisi insorgevano esclusivamente durante il sonno e
in coincidenza con il ciclo mestruale. Sperimentai quindi
l'assunzione di Gardenale solo pochi giorni al mese con
eccellenti risultati (la media delle crisi non cambiò), fino alla
decisione di smettere definitivamente.
In questi ultimi nove anni non sono mai tornata indietro, ma
soprattutto non ho mai più avuto crisi, pochissime cefalee, il
mio livello di aggressività è decisamente calato, e la mia parte
creativa ha potuto emergere. Prima di un esame, di una partita a
pallone (sono un discreto portiere) o di un qualsiasi evento
importante riesco a ridurre l'ansia da prestazione e a dare il
meglio se fumo. Riesco a dormire e a svegliarmi senza problemi
(prima facevo fatica ad addormentarmi e soprattutto a svegliarmi
autonomamente), ho imparato a prendermi cura di me stessa e a
gestire il tono dell'umore.
Forse l'unico problema che mi si è posto in questi anni è il
reperimento della sostanza. Ho avuto la fortuna di frequentare
sempre o quasi persone che fumavano ludicamente e che mi hanno
permesso di non dover investire dei capitali per accedere alla
mia "terapia". I prezzi al mercato nero sono proibitivi per uno
studente e la qualità è tutta da verificare. L'autocoltivazione è
punita penalmente come lo spaccio e quindi altrettanto rischiosa,
ma la ritengo il modo più coraggioso ed educativo per
riappropriarsi di una pianta che qualcuno ha deciso che doveva
sparire dalla faccia della terra, e che adesso potrebbe essere
rivalutata per un proficuo business e fatta diventare oggetto di
brevetti e monopoli come molte altre piante e spezie con poteri
curativi, senza dimenticarne il potenziale industriale e
alimentare.
Ci sono moltissime altre persone che già beneficiano della
cannabis e ancora di più che potrebbero trovare miglioramento
utilizzandola terapeuticamente. Tutti coloro che quest'anno
pianteranno anche un solo seme (per poi consegnarlo il 5 maggio)
contribuiranno alla liberazione di questa pianta. La mia speranza
è che si arrivi al più presto ad una soluzione e sono disposta a
rischiare ancora perché non posso che essere grata a questa
pianta e alle sue proprietà.
Negli ultimi mesi ho scoperto di non essere sola, di poter
raccontare la mia storia senza sconvolgere nessuno, ma ricevendo
solidarietà e comprensione da persone sconosciute o a cui avevo
sempre nascosto che fumavo e dando ad altri "malati" la speranza
di potersi curare con una sostanza del tutto naturale e priva dei
molteplici effetti collaterali distruttivi che la maggior parte
dei farmaci moderni possiede. Questi sono alcuni dei motivi per
cui mi sono autodenunciata, ringrazio tutti coloro che
sosterranno questa campagna e tutti i coltivatori consapevoli
sparsi per il mondo. Un grazie particolare ai miei genitori che
solo da un paio di mesi sono venuti a conoscenza della realtà,
hanno accettato la mia "medicina" e non mi hanno in nessun modo
osteggiato, anzi si stanno interessando ad una pianta che
sicuramente i loro genitori conoscevano molto bene.