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In uno studio cross-over in doppio cieco, randomizzato e controllato mediante placebo, a diciannove volontari è stato somministrato THC per os per quattro settimane. Lo scopo era quello di verificare l’efficacia della cannabis in pazienti con discinesia da Parkinson.
Benché il farmaco sia stato ben tollerato, secondo gli autori, che hanno pubblicato i risultati sul Journal of Neurology, non si sono evidenziati benefici significativi sulla sintomatologia del morbo. E ciò nonostante nel modello animale si fosse dimostrato in precedenza che i cannabinoidi avessero un effetto antidiscinetico.
Una possibile spiegazione della mancata efficacia del THC va ricercata nella breve durata di somministrazione, forse insufficiente a produrre risultati apprezzabili. Infatti, i pazienti che, in base a un sondaggio, avevano assunto cannabis per almeno due mesi, avevano riferito un miglioramento sostanziale della sintomatologia parkinsoniana, diversamente da quelli che l’avevano assunto per periodi più brevi.
Pare che la cannabis agisca solo dopo un certo periodo e, dato che tale periodo, a detta concorde dei pazienti, si colloca attorno ai due mesi, è improbabile che il miglioramento possa attribuirsi ad un effetto placebo.
Altre sperimentazioni cliniche riguardanti pazienti affetti da disordini neurodegenerativi come la sclerosi multipla suggeriscono che la cannabis produca risultati apprezzabili solo dopo periodi di tempo prolungati. Recentemente, infatti, uno studio riguardante ben 500 pazienti con sclerosi multipla seguiti per 52 settimane ha messo in evidenza che i soggetti che erano stati in cura per un anno ottenevano miglioramenti sintomatologici decisamente superiori a quelli che lo erano stati per 15 settimane. Il che sembra indicare che la cannabis per agire in queste patologie neurologiche abbisogna di una certa soglia di accumulo nell’organismo.
fonte: Carroll CB et al. Cannabis for dyskinesia in Parkinson disease: a randomized double-blind crossover study. Neurology. 2004 Oct 12;63(7):1245-50. |
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