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Usi terapeutici della Cannabis - Esperienze personali
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Epilessia e canapa:
quando "l'erba" non costituisce reato

Giovedì 23 marzo 2000 un giornale di Cosenza "Il Quotidiano" pubblica a tutta pagina questo titolo:«Quando "l'erba" non costituisce reato»
Nell'occhiello si legge: «Assolto dalla Corte d'appello un giovane accusato di detenzione di marijuana»
Nel sottotitolo: «La difesa ne ha dimostrato gli effetti terapeutici nell'epilessia»

Il caso di Giampiero fa parte del Libro Bianco sugli usi terapeutici della Cannabis presentato al ministro Veronesi nel novembre 2000.

Giampiero è stato socio fondatore di ACT (tessera ACT n.5) ed è stato eletto nel Comitato Direttivo dell'associazione all'assemblea costitutiva di Parma.

Giampiero Tiano, questo il nome del giovane, è venuto a trovarmi per raccontarmi la sua storia, ben fornito di cartelle cliniche ed altra documentazione.

Attualmente ha 27 anni, diploma di geometra, all'età di 19 anni era stato investito da un'autovettura e condotto in gravi condizioni all'ospedale. Diagnosi: trauma cranico con frattura del massiccio facciale, emorragia subaracnoidea, fratture multiple del tavolato cranico e dell'orbita di sinistra, fratture scomposte del femore sinistro e dell'omero sinistro. Dopo 45 giorni di stato comatoso e due mesi di ricovero è stato dimesso dall'ospedale.

A distanza di un anno, proprio nello stesso giorno dell'incidente, è preda di una crisi epilettica insorta durante il sonno. Viene ricoverato in ospedale e curato con luminale, farmaco antiepilettico, che continua ad assumere regolarmente per 9-10 mesi.

Durante questi mesi apprende, da un libro del Dr. Arnao, che la marijuana poteva essere una cura alternativa ai barbiturici nella prevenzione delle crisi epilettiche, pertanto decide di sperimentarla su se stesso con la speranza di evitare i pesanti effetti collaterali dei barbiturici. Sospende di sua iniziativa la terapia barbiturica e si procura l'erba proibita che non aveva mai fumato prima.

Non ha più assunto farmaci antiepilettici ma ha fumato spinelli tutti i giorni in numero variabile da tre o quattro fino ad otto in un giorno. Chiaramente il dosaggio non è valutabile vista l'incognita del mercato nero sia in termini di qualità che di disponibilità.

Dal 1994 al 1997 non ha avuto nessuna crisi epilettica né ha sofferto di particolari effetti collaterali derivanti dall'assunzione di questa sostanza.

Nel 1996 in seguito al sequestro di 11 piantine di canapa indiana che aveva in casa, ha trascorso due notti in carcere quindi rinviato a giudizio e nel gennaio del 1999 subisce una condanna di un anno e mezzo. Nel marzo del 2000 viene assolto in appello "perché il fatto non costituisce reato".

Nel 1997, per motivi di studio e di lavoro, si trasferisce dalla Calabria a Perugia dove sospende praticamente l'assunzione di "erba", dopo averne sperimentato la cattiva qualità, e si procura saltuariamente hashish pure di pessima qualità.

I cambiamenti generali dovuti al trasferimento, lo stress psicofisico dell'attività lavorativa, ma specie, a suo dire, la netta riduzione e la saltuarietà dell'assunzione di cannabinoidi sono cause scatenanti di una crisi epilettica che comporta un immediato ricovero ospedaliero.

Tra il 1997 e il 1998 è andato incontro a quattro crisi epilettiche con ricovero ma ha sempre rifiutato di assumere la terapia antiepilettica per i pesanti effetti collaterali specie a carico del fegato. Inoltre vedeva aggravarsi anche la disfunzione sessuale, sequela anche questa dell'incidente, infatti per due anni aveva assunto gonadotropine (ormoni stimolanti) prescrittegli da un Centro Specialistico di Pavia.

Nell'ottobre del 1998 è rientrato a San Giovanni in Fiore (CS), suo paese di origine, e, dopo un'udienza dell'indagine preliminare per la vecchia questione delle piantine di canapa, ha avuto la sua ultima crisi epilettica con ricovero all'ospedale di Cosenza. Da allora non ha più avuto crisi, sono tornati completamente nella norma i valori di funzionalità epatica, sono nettamente migliorati i disturbi della sfera sessuale, non ha assunto alcun farmaco ma ha fumato circa quattro sigarette di cannabis al giorno.


Questa è la storia come lui la racconta, ma il corredo documentale delle vicende raccontate lascia ben pochi dubbi sulla veridicità dei fatti.

Ovviamente all'esame obbiettivo sono ben evidenti i segni somatici dell'incidente occorsogli.

Tutte le cartelle cliniche, gli esami laboratoristici, quelli strumentali e i referti delle visite specialistiche ben documentano le patologie riferite nella loro sequenza cronologica, ma c'è qualcosa di più, proprio in relazione alla questione cannabis.

Un certificato del suo medico curante di San Giovanni in Fiore (CS) datato 21.6.1996 recita:

"Si certifica che il Sig. Tiano Giampiero da circa un anno e mezzo mi ha riferito di aver sostituito la terapia di fenobarbital con canapa indiana, per curare le crisi convulsive di cui è tuttora affetto, e di aver riscontrato un miglioramento clinico anche in riferimento alla sua patologia su base endocrina".

Nella cartella clinica del Policlinico San Matteo dell'Università di Pavia, dove è seguito per le sue disfunzioni sessuali, in data 5.3.1996 è riportato: "Il paziente attualmente riferisce di usare ancora sigarette di Deidrocannabiolo, ottenendo miglioramento nei rapporti sessuali. Da circa un anno è stato sospeso uso dei barbiturici (farmaci antiepilettici ndr). Si sospende terapia (ormonale ndr)".

Nel 1997 viene ricoverato una prima volta all'ospedale di Perugia per una crisi convulsiva, nella cartella infermieristica è riportato puntualmente il rifiuto del paziente di assumere la terapia antiepilettica (Luminale) prescritta dai medici.

In un successivo ricovero nello stesso ospedale si legge nella cartella clinica:" non assume la terapia antiepilettica consigliata dai sanitari all'epoca del trauma. Si apprende che fa uso di cannabinoidi."

Il 15.9.1997, dalla cartella infermieristica, ore 22,30: "paziente non si trova all'interno del reparto. Si apprende dai sanitari del reparto che il paziente è stato visto salire su una macchina ed allontanarsi dall'ospedale. Si avverte la polizia (113)." Ore 23,30: " Paziente rientrato al reparto. Nega di essersi allontanato dall'ospedale. Si avverte il 113 del rientro. Si preleva urina per dosaggio cannabinoidi."

Il giorno successivo c'è il risultato dell'esame urinario che rivela non solo la presenza di cannabinoidi e la totale assenza di tutte le altre sostanze stupefacenti, ma anche l'assenza dei barbiturici a conferma della mancata assunzione dei farmaci antiepilettici.

Dal diario clinico in data 24.3.1998: " Riferisce di avere, a volte, episodi di cefalea, annebbiamento della vista, arrossamento degli occhi ma non sa assolutamente definire la loro frequenza nel tempo, inoltre l'episodio cesserebbe subito con l'assunzione, tramite fumo, di canapa indiana."

Un esame delle urine eseguito nello stesso ospedale di Perugia in data 22.4.1998 rivela sempre la presenza di cannabinoidi e l'assenza di altre sostanze stupefacenti e dei barbiturici.

Nel certificato di dimissione, sempre dall'ospedale di Perugia, in data 14.5.1998 si ritrova un chiaro riferimento alla tossicità dei farmaci antiepilettici: " Il paziente, al momento, non è in trattamento specifico per l'Epilessia data la rarità delle crisi convulsive che finora si sono verificate esclusivamente nel sonno; si ritiene opportuno mantenere tale atteggiamento astensionistico essendo per adesso il costo dovuto all'assunzione dei farmaci maggiore del beneficio."

E ancora, il 15 ottobre 1998 in un certificato medico dell'ospedale di Cosenza, dove era stato ricoverato per la sua ultima crisi epilettica, il neurologo scrive tra l'altro:" …ha interrotto la terapia farmacologica prescritta di sua volontà. Afferma di usare sigarette di deidrocannabinolo ottenendo miglioramento del suo stato."

Nell'agosto del 1999 nell'ospedale Bellaria di Bologna è stato sottoposto ad un nuovo intervento chirurgico alla testa per mucocele frontale post-traumatico (vecchio incidente). Anche nella cartella clinica di questo ospedale è segnalato che "….il paziente ha interrotto la terapia farmacologica e assume stupefacenti marijuana".

Per finire, il Sig. Tiano Giampiero mi consegna un documento della Regione Calabria, Commissione Medica per l'invalidità, in cui si attesta: "Invalido con totale e permanente inabilità lavorativa: 100% L.118/71."

Attualmente il Sig. Tiano ha dei "conti in sospeso" con la Prefettura in quanto è stato trovato con la medicina proibita in tasca.


Questa storia necessita di alcune considerazioni e ci pone alcune domande.

Innanzitutto cerchiamo di valutare l'aspetto medico e la veridicità dei riferiti effetti farmacologici dei cannabinoidi nella prevenzione degli attacchi epilettici.

L'epilessia è una malattia a carico del Sistema Nervoso Centrale caratterizzata da improvvisi incrementi dell'attività elettrica in alcune aree cerebrali che possono dar luogo ad una serie di sintomi che vanno dalla cosiddetta assenza, fugace perdita di conoscenza, fino alle vere crisi convulsive generalizzate con violenti spasmi muscolari, morso della lingua, perdita di urine ecc.

Le cause di questa malattia possono rimanere sconosciute per tutta la vita o possono essere riferite a degli "insulti" di vario genere a carico del cervello, Un'ipossia perinatale, cioè una carenza di ossigeno alla nascita, a volte può essere alla base della patologia, una meningite o una grave condizione infettiva, oppure un grave trauma cranico come nel nostro caso.

A seconda della gravità e della frequenza delle crisi si imposta una terapia che mira a prevenirne l'insorgenza facendo ricorso ad una serie di farmaci quali i barbiturici, l'acido valproico, la fenilidantoina ecc. A volte non è facile trovare la giusta terapia, sia perché non sempre questi farmaci funzionano nella prevenzione delle crisi, sia perché gli effetti collaterali possono essere molto pesanti. Nel nostro caso il fegato pare vittima di intossicazione da farmaci e si accentuano gli altri disturbi specie quelli a carico della sfera sessuale.

La cannabis ha proprietà anticonvulsivanti note fin dall'antichità e queste proprietà sono state tenute in considerazione fino al secolo scorso. Le proprietà antispastiche sono ben note e proficuamente utilizzate nella tetraplegia, nella sclerosi multipla ecc. Però la medicina ufficiale si priva volentieri di questo ulteriore presidio terapeutico nè si premura di valutarne l'efficacia perché questa medicina ha un pericoloso effetto collaterale: sballa! Procura, in molti casi, degli effetti psichici da "droga". Si dimentica però che proprio i barbiturici sono "droga" a pieno titolo, anzi, come vedremo, droga molto, ma molto più pericolosa della cannabis. Cerchiamo di capire il significato di questa proibizione e la legittimità scientifica della stessa mettendo in parallelo gli effetti collaterali dei barbiturici, i classici farmaci antiepilettici, e quelli della cannabis.

Incominciamo con gli effetti psichici premettendo che questi sono soggettivi, quindi possono essere graditi o meno dal soggetto. I barbiturici danno un'euforia simile a quella alcolica e a seconda della dose, del tipo di barbiturico e della persona che l'assume, gli effetti possono essere più o meno piacevoli e ricercati proprio come si può verificare nell'ubriacatura alcolica.

Con l'alcool i barbiturici condividono quasi tutto, infatti aumentando la dose aumentano tutti gli effetti dannosi che vanno dallo stordimento, all' incoordinazione motoria fino alla perdita di coscienza, il coma e la morte. Come l'alcool, provocano una dipendenza fisica e psichica di grossa entità, infatti hanno tolleranza crociata con l'alcool, cioè in caso di astinenza alcolica i barbiturici possono essere usati al posto dell'alcool. La dose tossicomanigena è solo di poche volte superiore a quella terapeutica. In America nel 1948 l'intossicazione acuta da barbiturici era il 25% dei ricoveri per cause tossicologiche con una mortalità dell'8%. Nella persona normale la dose di 100mg. induce sonno mentre solo 10 volte di più (1gr.) induce coma e morte. Nell'individuo tollerante 2gr. non inducono neanche sonno.

La sindrome d'astinenza è molto seria, inizia con ansia, incoordinazione motoria, poi nausea, vomito, crampi addominali, insonnia e, tra le 16 ore ed il quinto giorno dall'ultima dose, convulsioni generalizzate fino al coma e morte. E' possibile l'instaurarsi di una psicosi tossica con allucinazioni che può protrarsi da un minimo di 3-4 giorni fino a 2-3 mesi.

La tossicodipendenza da barbiturici si trasmette dalla madre al feto pertanto al neonato va somministrato fenobarbitale per evitare le convulsioni.

La canapa indiana fino al 1937 si ritrovava nella farmacopea americana come medicazione per molti usi, estratto Tilden. Come farmaco non ha mai creato nessun tipo di problema in quanto la sua tossicità anche ad alte dosi non può mai portare al coma. Questo ci dà l'idea della sua sicurezza farmacologica. D'altra parte pur in presenza di un'ampia diffusione dell'uso voluttuario della canapa indiana non si registra un ' altrettanto larga osservazione clinica di intossicazioni acute e croniche..

La cannabis non provoca tossicodipendenza. Il Prof. Mannaioni nel suo libro " Le Tossicodipendenze" scrive: "E' opinione comune fino ad oggi non smentita che l'uso cronico dei derivati della canapa indiana non produca nell'uomo nessuna sintomatologia di rilievo, né fisica né psichica, quando si cessa improvvisamente l'assunzione di preparati comunque contenenti THC". "Trattandosi di una tossicodipendenza in cui manca la dipendenza fisica e la sindrome di astinenza, ogni terapia con farmaci che abbia come scopo la interruzione o la modificazione dell'abitudine non appare, a nostro avviso, proponibile".

A questo punto appare lampante la grande differenza tossicologica delle due sostanze in questione, soltanto che… quella che presenta fattori di rischio molto bassi è illegale!

Per concludere riporto alcune ipotesi che mi sono venute in mente in relazione alla situazione del Sig. Tiano.

1° ipotesi: al Sig. Tiano piace l'effetto della canapa indiana quindi strumentalizza la sua condizione per continuare impunemente a drogarsi. Ipotesi possibile ma poco probabile sia perché è arrivato alla cannabis non come droga ma nella ricerca di una terapia alternativa, sia perché, mancando la dipendenza, pare proprio controproducente cacciarsi in tanti problemi legali per farsi riconoscere il diritto di curarsi con questa sostanza. Avrebbe potuto fumarla clandestinamente come fa qualche milione di persone in Italia!

2° ipotesi: la canapa non ha effetti farmacologici ma solo psicologici. In questo caso, vista la relativa rarità delle crisi, i pesanti effetti dei farmaci antiepilettici e gli indubbi benefici psicologici anche per i disturbi legati alla sfera sessuale, non si può non ritenersi positivo l'utilizzo farmacologico della canapa indiana in alternativa ai barbiturici.

3° ipotesi: la cannabis è effettivamente efficace nella terapia antiepilettica. Ciò è suffragato oltre che dalla storia della canapa in Medicina, dalle sue proprietà anticonvulsivanti ben dimostrate.

Nel nostro caso è riferita, inoltre, la pronta remissione dei sintomi premonitori delle crisi convulsive dopo l'assunzione di cannabis.

Pertanto, in considerazione dei vantaggi apportati da questa sostanza al Sig. Tiano, dei bassi livelli di rischio tossicologico e dei consistenti effetti collaterali sperimentati con i farmaci antiepilettici legali, si ritiene farmacologicamente corretto e umanamente doveroso che il Sig. Tiano Giampiero sia autorizzato alla terapia antiepilettica con cannabis indica seguita da monitoraggio medico.

Dott. Nunzio Santalucia



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