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I cannabinoidi promuovono la generazione di nuovi neuroni nell'ippocampo di ratti e sono in grado di ridurre l'ansia e la depressione. Lo afferma un gruppo di ricercatori canadesi, in uno studio pubblicato sull’ultimo numero del Journal of Clinical Investigation.
Lo studio ha dimostrato che l'effetto si manifestava sia con i cannabinoidi naturali che con quelli di sintesi. L'ippocampo è una porzione del cervello che contribuisce all'apprendimento e alla memoria. In particolare, è stato dimostrato che l'ippocampo è essenziale per la formazione di nuovi episodi mnemonici. "Siamo abbastanza sorpresi: l'uso cronico di marijuana potrebbe effettivamente migliorare l'apprendimento mnemonico se i nuovi neuroni nell'ippocampo possono maturare in due o tre mesi" ha affermato Xia Zhang, dell'Unità di Ricerca Neuropsichiatrica dell'Università del Saskatchewan.
"I nostri risultati sono stati ottenuti nei ratti, e c'è una grossa differenza fra i ratti e gli uomini" ha aggiunto Zhang, "dunque, è prematuro affermare che i nostri risultati possano valere anche per l'uomo. Tuttavia, i nostri risultati indicano che l'uso clinico di derivati della cannabis potrebbe far stare meglio le persone aiutandole a controllare ansia e depressione." Zhang e i suoi collaboratori hanno eseguito prove di comportamento su due cannabinoidi purificati. I risultati delle prove hanno indicato che questi due cannabinoidi hanno effetti anti-ansia ed anti-depressione nei ratti; il che potrebbe dipendere dalla capacità dei cannabinoidi di promuovere la produzione di nuovi neuroni nell'ippocampo. La cannabis contiene una complessa miscela di molecole tra cui i cannabinoidi e potrebbe avere degli effetti sul comportamento leggermente diversi rispetto ai cannabinoidi purificati sino ad ora sperimentati.
Fonti:
Wen Jiang, Yun Zhang, Lan Xiao, Jamie Van Cleemput, Shao-Ping Ji, Guang Bai and Xia Zhang "Cannabinoids promote embryonic and adult hippocampus neurogenesis and produce anxiolytic and antidepressant-like effects" J Clin Invest. 2005 Oct 13; [Epub ahead of print]
New Scientist 13 ottobre 2005 http://www.newscientist.com/article.ns?id=dn8155 |
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